La “nuova” tutela penale del procedimento di scelta del contraente
Apparentemente una delle maggiori novità della recente legge 13 agosto 2010, n. 136 (pubblicata nella G.U. n. 196 del 23 agosto 2010), in materia di normativa antimafia, è quella recata dal suo art. 10, il quale prevede il nuovo reato di “turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”.
Dispone il citato articolo che: “1. Dopo l’articolo 353 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 353-bis. – (Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032».”.
C’è tuttavia da chiedersi se si tratta di una vera innovazione o piuttosto di una delle tante norme più apparenti che reali che, specie negli ultimi tempi, vengono emanate.
A tal fine occorre raffrontare il testo della nuova norma con quella che già prevede(va) il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.); stabilisce quest’ultima norma che: “Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.”.
Come risulta dal raffronto tra i due testi, l’unica variante è costituita dal fatto che, mentre il “vecchio” reato di turbata libertà degli incanti fa riferimento generico a colui che “impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni”, il “nuovo” reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, fa riferimento invece a colui che “turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione”.
Il nuovo reato quindi riguarda la fase di indizione della gara e, segnatamente, quella di approvazione del bando, al fine di scoraggiare il comportamento di coloro che, con la collusione della stazione appaltante, cercano di far redigere i c.d. “bandi-fotografia” e cioè quei bandi di gara che contengono requisiti talmente stringenti da determinare ex ante la platea dei potenziali concorrenti.
La differenza è tuttavia più apparente che reale, dato che già il vecchio reato, riferendosi genericamente alle turbative di gara, finiva per ricomprendere anche la fase iniziale di indizione della gara vera e propria e cioè quella di approvazione del bando.
Onde il “nuovo” reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente non sembra altro che una specificazione di quello già previsto in precedenza dall’art. 353 del codice penale per il reato di turbativa d’asta. Non a caso le pene previste per entrambi i reati sono le stesse (anche il reato di turbata libertà degli incanti, per effetto della modifica introdotta dall’art. 9 della legge in commento, prevede ormai una pena «da sei mesi a cinque anni»).
La stessa rubrica della nuova disposizione – che genericamente fa riferimento al “procedimento di scelta del contraente” – può essere considerata furoviante, dato che sembra abbracciare l’intero procedimento di gara, mentre la disposizione riguarda, come già rilevato, solo un suo segmento e precisamente quello dell’approvazione del bando di gara.
Non si comprende inoltre perché il legislatore, nel riprodurre alquanto fedelmente la formula prevista dal vecchio reato di turbata libertà degli incanti (anche se specificando che il reato di turbata libertà degli incanti riguarda la fase di indizione della gara), non abbia riprodotto anche i commi 2° e 3° dell’art. 353 cit., i quali testualmente recitano:
“2. Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall’autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro 516 a euro 2.065.
3. Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà”.
Per cui in pratica il nuovo reato, non solo non aggiunge nulla di particolarmente nuovo rispetto a quanto già previsto (sia pure genericamente) dall’art. 353 c.p., ma si traduce in una irragionevole diminuzione della tutela penale.
Particolarmente grave è il non avere riprodotto il 3° comma, che estende il reato anche alle “licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata”. Ma grave è altresì non aver previsto (chiedo scusa per il bisticcio di parole) l’aggravante di cui al comma 2 cit., nei confronti della “persona preposta dalla legge o dall’autorità agli incanti o alle licitazioni”, dato che la predisposizione di “bandi-fotografia” è possibile solo con la complicità della stazione appaltante.
Com’è noto, in materia penale non è possibile considerare come reati fattispecie non espressamente previste tali dalla legge e non è consentita l’applicazione dell’analogia c.d. in malam partem, sia con riferimento alle norme aggravatrici della responsabilità del soggetto (nella specie, il comma 2 dell’art. 353 c.p.), sia a quelle incriminatrici (comma 3 dello stesso articolo).
L’unico modo per applicare i commi 2 e 3 del “vecchio” articolo 353 anche al nuovo art. 353 bis c.p. sembra quello di considerare il “nuovo” reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nient’altro che una specificazione di quanto generalmente previsto dalla vecchia norma; il che conferma, sotto altro profilo, che si tratta di una riforma più apparente che reale, la quale tuttavia complica non poco le cose con riguardo all’applicabilità dei commi 2 e 3 dell’art. 353 c.p. anche alla “nuova” fattispecie incriminatrice prevista.
Sarà forse per via dell’età, ma sto diventando sempre più un inguaribile conservatore, nostalgico dei vecchi tempi andati nei quali (com’è ad esempio accaduto con le leggi fondamentali sulle espropriazioni per p.u. e sui lavori pubblici del 1865 o, più recentemente, con il T.U. impiegati civili dello Stato del 1957) le riforme erano “vere” e, soprattutto, erano destinate a durare nel tempo.
Ormai invece, molte riforme sono più apparenti che reali (v. ad es. il recentissimo codice del processo amministrativo che, specie dopo le amputazioni subite ad opera di una anonima “manina”, è diventato prevalentemente una summa di quanto già affermato dalla giurisprudenza) e spesso, così come accade con i comuni prodotti in commercio, vengono emanate leggi “usa e getta”, destinate ad essere modificate innumerevoli volte a distanza di poco tempo dalla loro emanazione (v. ad es. il numero di interpolazioni cha ha già subito il T.U.E.L. o, più recentemente, il c.d. Codice dei contratti pubblici). Non è quindi da escludere che anche l’appena varato art. 353 bis c.p. venga modificato (con l’aggiunta dei commi 2 e 3 del vecchio art. 353).
Giovanni Virga, 25 agosto 2010.
Category: Giustizia
Anche l’urbanistica contrattata soggiace all’ Art. 353-bis del Codice Penale?
Ci si chiede se l’art. 353-bis. – (Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente), sia applicabile anche a procedimenti di scelta del contraente da parte della P.A. non disciplinati specificatamente dal Decreto Legislativo 163/2006 e succ. modificazioni, ma in applicazione dell’art. 11 della legge 241/90 (Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento), quando la disciplina nazionale o regionale preveda che il procedimento di individuazione del soggetto e l’oggetto dell’accordo sia di “evidenza pubblica).
A titolo esemplificativo si richiama la disciplina degli accordi di pianificazione ex art. 6 delle legge regionale veneta 11/2004 e l’art. 17 comma 4 della medesima legge regionale, la quale stabilisce:” Per individuare le aree nelle quali realizzare interventi di nuova urbanizzazione o riqualificazione, il comune può attivare procedure ad evidenza pubblica, cui possono partecipare i proprietari degli immobili nonché gli operatori interessati, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale definiti dal PAT. La procedura si conclude con le forme e nei modi previsti dall’articolo 6. “
Credo che l’integrazione sia stata resa necessaria per colpire le azioni fraudolente anche nell’ipotesi in cui la procedura ad evidenza pubblica non sia mai stata pubblicata oppure non venga aggiudicata (i bandi-fotografia molto spesso finiscono per essere impugnati innanzi al TAR e cassati).