Quale simbolo adottare per il paese attuale?

di | 13 Luglio 2014 | 4 commenti Leggi

Iniziamo facendo le somme che il d.m. 10 luglio 2014 sulla ristrutturazione dei debiti delle Regioni non riporta (i numeri sono infatti di solito molto più eloquenti delle parole): Regione Abruzzo 742 milioni di euro, Campania 2 miliardi di euro più un miliardo di dollari in derivati, Lazio 5 miliardi,834 milioni di euro, Liguria 455 milioni di euro, Lombardia 2 miliardi,182 milioni di euro più un miliardo di dollari in derivati, Marche 382,5 milioni di euro, Piemonte 1 miliardo,800 milioni, Puglia 870 milioni, Sicilia 2 miliardi,400 milioni di euro.

Totale: oltre 16 miliardi e 600 milioni di euro di debiti ordinari + 2 miliardi di dollari in derivati, da ristrutturare a spese (ovviamente) dei contribuenti, che si aggiungono al già imponente debito pubblico italiano (di oltre il 130% del Pil).

Se si trattasse di una società privata, di fronte a numeri così impressionanti, verrebbe dichiarato subito il fallimento o scatterebbe almeno il commissariamento. Nel caso delle Regioni, invece, il per così dire socio di maggioranza (lo Stato) si accolla subito tutti i debiti contratti e persino i prodotti derivati, senza alcuna conseguenza o la previsione almeno di un rimedio atto ad impedire in futuro il ripetersi del fenomeno. Del resto, nel campo del debito pubblico, scagli la prima pietra chi è senza peccato.

Nel frattempo Cottarelli, che è stato incaricato della spending review, dichiara che non sono in programma nuovi risparmi nel 2014 (può quindi mettersi in aspettativa per il secondo semestre del corrente anno, facendoci almeno risparmiare qualche soldo?) e che in futuro potranno conseguirsi risparmi significativi dai lampioni pubblici (idea luminosa, è il caso di dire, anche se ci propone di spegnere le luci), nonché dalla razionalizzazione dei 5 corpi di polizia, senza tuttavia sopprimerne nemmeno uno. Lo stesso Cottarelli ammette tuttavia onestamente che “forse … ci si sta muovendo un po’ lentamente”; alla spending review di Cottarelli, per ammissione di quest’ultimo, così come a quelle precedenti, sembra quindi applicabile il famoso motto attribuito ad Augusto secondo cui “festina lente” (si affretta, ma molto lentamente), solitamente simboleggiato fin dai tempi di Cosimo dei Medici, dalla tartaruga con una vela mezza sgonfia. Proponiamo quindi di inserire tale simbolo al posto della stella contornata da alloro che attualmente contraddistingue la Repubblica italiana.

D’altra parte, i nostri politici, come consigliato in un primo tempo solo a Letta, possono stare sereni e sono comunque giustificati: per i prossimi 1000 giorni saranno tutti intenti ad occuparsi della “epocale” riforma del Senato, affidata alle sapienti mani del Ministro Boschi (affiancata in commissione dall’altrettanto sapiente apporto dell’autore del Porcellum: questi ormai sono i nostri nuovi Padri costituenti); peccato tuttavia che tale riforma farà risparmiare – come osservato da quel rompiscatole di Maurizio Belpietro tramite le colonne di “Libero” – il solo stipendio dei senatori (50 milioni di euro), dato che la struttura del Senato (del costo di 500 milioni) rimarrà praticamente la stessa; si perpetua così il copione già visto con la riforma delle Provincie; nello stesso modo si sta procedendo con la soppressione delle sedi staccate dei TT.AA.RR., senza verificare se essa comporterà risparmi od aggravi di spesa. In alternativa alla tartaruga con vela, potrebbe quindi adottarsi, come simbolo, lo stemma del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, con il motto “Cambiare tutto, per non cambiare niente” (sotto il profilo della spesa pubblica).

In ultimo è da notare che verso la fine della corrente settimana, quasi tutti i quotidiani hanno aperto con la mirabolante dichiarazione del Premier Renzi secondo cui giovedì scorso sarà da ricordare negli annali della Repubblica italiana come addirittura una “giornata storica”, dato che è stato varato in commissione il ddl sulla riforma del Senato; peccato che nello stesso giorno, nelle pagine dell’economia, si dava atto che la produzione industriale è di nuovo calata e che è stata ceduta all’estero una azienda (questa sì, “storica”) come la Indesit della famiglia Merloni, con 20 stabilimenti sparsi nel mondo. Evidentemente la politica, con tutte le sue epocali riforme, ha una percezione della realtà e della storia diversa da quella che appare a noi comuni cittadini, che forse siamo testoni e non capiamo niente. Per fortuna che abbiamo politici così capaci ed intelligenti che ci indicano la strada (nella specie, la riforma del Senato) per la nostra salvezza. Sotto questo profilo, il simbolo da adottare per la nuova Repubblica italiana potrebbe anche essere l’immagine del nostro eroe nazionale, Pulcinella, emblema del sublime acume e della estrema furbizia dei nostri politici.

La scelta per una delle tre cennate opzioni riguardanti il nuovo simbolo da adottare per la terza Repubblica (riassumiamo: 1) tartaruga con vela sgonfia, immagine storica risalente ai tempi di Cosimo dei Medici, contornata dal motto “Festina lente”, dedicato alla nostra spending review; 2) stemma del Gattopardo contornato dal motto “Cambiare tutto, per non cambiare niente” per ciò che riguarda la spesa pubblica; 3) immagine di Pulcinella, contornata dalla dicitura “Repubblica storica”, in ricordo della giornata storica di Renzi e delle molte altre che nei prossimi 1000 giorni sicuramente seguiranno, ma che qualcuno potrebbe anche maliziosamente intendere nel senso di Repubblica ormai “trapassata”, dato che, anche grazie a re Giorgio, da oltre tre anni abbiamo Governi non scelti dai cittadini; per questo motivo, in alternativa, il motto potrebbe essere – mutuandolo dalla più nota opera dell’ultimo Premio Nobel italiano per la letteratura – “Mistero buffo” italiano, che più si addice all’immagine di Pulcinella; del resto Ennio Flaiano, grande conoscitore della nostra terra, ripeteva che la situazione politica in Italia è spesso grave, ma non è mai seria) viene ovviamente rimessa, democraticamente, ai lettori. Se infatti i politici si trastullano con le loro riforme epocali, perchè mai noi non potremmo farlo con la scelta di un nuovo simbolo per la terza Repubblica?

Nel frattempo, tuttavia, noi che non abbiamo la fortuna di essere dei politici o dei commissari alla spending review lautamente compensati, non possiamo dimenticare che, giorno dopo giorno, grazie alla micidiale accoppiata tasse+burocrazia, l’economia affonda, mentre – in assenza di veri tagli e razionalizzazioni, anche grazie alle “ristrutturazioni” dei debiti e dei derivati delle Regioni – il debito pubblico sale inesorabilmente e molti purtroppo sono costretti ad emigrare.

Ci rincuora comunque il fatto che l’Italia non rischia di rimanere una landa desolata, dato che i flussi demografici degli italiani in uscita sono ampiamente compensati dagli extracomunitari che recuperiamo in acque internazionali con la operazione “Mare nostrum” (basta, a tal fine, una chiamata alla Capitaneria di porto dando le coordinate; non è necessario avere documenti di riconoscimento validi per l’espatrio ed è sufficiente essere anche dei minorenni non accompagnati) che, tuttavia, dobbiamo assistere ed accudire quotidianamente senza praticamente alcun aiuto da parte della nostra beneamata U.E.

Ma si tratta, al fin fine, di un dettaglio del tutto trascurabile, atteso il già imponente debito pubblico che grava su di noi e sulle generazioni future. Debito più o debito meno, che importanza può avere a questo punto? Vuol dire che, come ci ha chiesto in passato la Merkel, faremo “i compiti a casa” anche per loro. Del resto, come tutti sanno, noi italiani non siamo gretti e spilorci come altri popoli, ma dobbiamo sempre dimostrare di essere generosi, come ci sprona continuamente a fare Papa Francesco. Peccato tuttavia che nessuno dei nostri affettuosi compagni europei, che si preoccupano continuamente della nostra salute, chiedendoci come stiamo, si sogni di pagare i nostri ingenti debiti, dei quali noi stessi sembriamo disinteressarci come se fossero di altri.

(Giovanni Virga, 13 luglio 2014)

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Category: Imposte e tasse

Commenti (4)

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  1. Massimo Perin ha detto:

    I dati riportati nel decreto sono allarmanti (ma di questo solo pochi ne parlano, occorre un plauso a Giovanni Virga che immediatamente ha evidenziato il problema) e dimostrano il fallimento economico del modello regionalista e probabilmente anche federalista, perchè in periferia la spesa si è moltiplicata eccessivamente, senza avere alcuno ritorno economico per le imprese e senza avere vantaggi per le collettività (pensiamo solo al trasporto pubblico regionale e alla sanità). Il problema di fondo resta il controllo della spesa (sempre annacquato dal legislatore) e la quasi totale deresponsabilizzazione degli autori dei danni, non solo patrimoniale, ma anche e, soprattutto, politica.

  2. Michele Casano ha detto:

    Ricordo solo (visto l’omertoso e complice silenzio, sul punto, dei ns. media) che questa truffaldina ed incommentabile (“incostituzionale” è già aggettivo troppo “tecnico”) “riforma del Senato non elettivo”, – propinataci come vera e propria “emergenza nazionale” da improbabili “costituenti” e vacue figuranti come la giovane ministra Boschi, – deriva solo dal fatto che in sede di c.d. “patto del Nazareno” Renzi e Berlusconi non hanno (voluto-potuto-saputo) trovare un accordo anche per la legge elettorale del Senato stesso, davvero “a base regionale” come vorrebbe la Costituzione italiana (tema da sempre delicato e cruciale, come noto): hanno così pensato bene, i due sunnominati, di tagliare la testa al toro, abolendone tout court la rappresentanza elettiva di I° grado, in barba ai cittadini-elettori …. il resto sono solo chiacchiere e piccoli dettagli.

    Quanto agli altri “contenuti” del suddetto “patto” Renzi/B., essi restano ad oggi un mistero glorioso, non solo per i cittadini-elettori-contribuenti italiani (il che è già ex se quanto di più osceno si possa immaginare!), ma anche per gli stessi (più o meno stolidi ed opportunisti) dirigenti di questo fantastico PD al 41,00% (forse non facenti parte dell’inner circle renziano), i quali dirigenti però ci informano a giorni alterni, da TV e giornaloni, piccati e compunti, che quel patto (osceno) “tiene”(??).

    Ciò è tanto più osceno, e disgustoso. Non si vuol far sapere (e ci si vergogna a dire), in realtà, che l’accordo pattizio cit. comprende anche (recte: al p.1) l’eterno tema del salvacondotto a Silvio Berlusconi, ovvero la grazia che “dovrà” essergli concessa dal prossimo Presidente della Repubblica (anche se non si sa ancora quando, come e da chi eletto …), in quanto Padre Nobile Costituente di questa ns. Repubblica.

    Ecco: a proposito di simboli e stemmi …

  3. Giovanni Virga ha detto:

    Mi limito ad aggiungere due cose:

    a) il giorno dopo l’inserimento della mia nota sul tema, è stata data notizia che, secondo i dati di Bankitalia, il debito pubblico, nel mese di maggio (non tenendo conto quindi dell’accollo dei debiti delle Regioni, effettuato con il decreto di alcuni giorni addietro), ha raggiunto la stratosferica cifra di 2.166,3 miliardi, con un incremento di 96 miliardi dall’inizio dell’anno e con una crescita del 4,7%; tutto ciò nonostante il notevole abbassamento dello spread, che ci fa risparmiare sugli interessi; di contro, nei primi cinque mesi dell’anno le entrate sono cresciute dell’1,6 per cento (2,2 miliardi); è evidente che esiste un chiaro sbilancio tra entrate ed uscite che imporrebbe di intervenire urgentemente sulla spesa pubblica; altra notizia di oggi: negli ultimi quattro anni i poveri in Italia sono raddoppiati, arrivando alla cifra di oltre sei milioni di poveri assoluti; a questi poveri, che sono nostri concittadini e che soffrono in silenzio, senza clamori, dovremmo dedicarci per primi, senza pensare di dare 80 euro in più a chi un reddito lo ha già;

    b) la “ristrutturazione” dell’imponente debito delle Regioni, con il suo definitivo accollo da parte dello Stato non solo comprova – come giustamente notato dal Cons. Perin – il sostanziale fallimento delle Regioni (che andrebbero quanto meno accorpate), ma costituisce anche un ennesimo regalo alle banche, le quali si trovano a che fare con un debitore (lo Stato che emetterà nuovi titoli di debito pubblico) che è più solvibile (si fa per dire) delle Regioni. Negli Stati Uniti, per una analoga questione che riguardava la California, il Governo federale si è guardato bene dall’intervenire accollandosi i debiti. Propongo a questo punto di modificare, oltre che il simbolo della Repubblica italiana, anche l’art. 1 della Costituzione con il seguente comma: L’Italia è una Repubblica fondata sulle lobby, sui politici ed i sindacati, nonché ovviamente … sul debito pubblico. Ma le fondamenta del debito pubblico, andando di questo passo (+ 96 miliardi in appena 5 mesi), non so sino a che punto terranno.

  4. Michele Casano ha detto:

    Concordo in toto con il prof. Virga; purtroppo per noi e per l’Italia. Sarebbe anche interessante stimare quali sarebbero, oggi: 1) lo stato dei conti delle Regioni italiane; 2) il livello quali-quantitativo delle prestazioni e dei servizi da esse erogati, in primis nel settore della sanità; 3) il livello medio di corruzione/malcostume; 4) la coesione territoriale …. se fosse entrata in vigore la riforma costituzionale berlusco-leghista (concepita se non ricordo male in una baita, in Cadore) sulla c.d. “devolution”, “padroni a casa nostra” etc. etc. (ricordate?); riforma che fu bocciata dal referendum confermativo popolare nel 2006.

    Quanto agli 80 € di Renzi dati a chi un lavoro (e per giunta stabile) già ce l’ha, non sono stati solo una trovata commerciale, no: sono stati la vera e propria sublimazione del voto di scambio, con target elettorale ben individuato preventivamente, in modo accurato, scientifico, statistico. Questi 80€ ci stanno costando una follia, senza risolvere un bel niente sul piano macro-economico, e Renzi lo sa benissimo, ma il risultato (40,8%) è già stato raggiunto, a fine maggio.

    Il ns. Uomo della Provvidenza ha d’altronde messo mano da subito anche alla riorganizzazione delle strutture ministeriali, della presidenza del consiglio, della Ragioneria generale dello Stato, per non avere in futuro troppi “impicci burocratici” sul fronte delle coperture, della regolarità tecnico-contabile e finanziaria dei provvedimenti; non dimentichiamo le osservazioni che gli erano state formulate, al riguardo, proprio dagli uffici legislativi del Senato; Senato del quale gli oltre 6 milioni di italiani poveri “assoluti” (ma attenzione: poi ci sono anche i “relativi”, anche tra gli avvocati, ad es. …) aspettano trepidanti e fiduciosi la “Riforma” da parte di Renzi, Verdini, Berlusconi e Boschi.

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