Destini incrociati (a proposito del caso De Magistris e quello di Berlusconi)

di | 31 Ottobre 2014 | 3 commenti Leggi

La recente ordinanza del T.A.R. Campania – Napoli, Sez. I, 30 ottobre 2014, con la quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della c.d. legge Severino (d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235), nella parte in cui viene applicato retroattivamente a fattispecie di reato realizzatesi anteriormente alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. (5 gennaio 2013), riapre una questione che sembrava essersi ormai sopita.

Infatti, il Consiglio di Stato (con tre sentenze, due della Sez. V ed una della Sez. III), nonchè il T.A.R. Lazio – Roma ed il T.A.R. Molise: per riferimenti v. i documenti correlati riportati in calce alla citata ordinanza del TAR Campania), avevano in precedenza, sotto diversi profili e con varie argomentazioni, ritenuto manifestamente infondate analoghe questioni di legittimità costituzionale.

La questione sollevata dal T.A.R. Campania – Napoli rischia inoltre  di riaprire indirettamente un caso clamoroso, che ha fatto  a lungo discutere (quello della decadenza dalla carica di Senatore dell’ormai ex Cavaliere Silvio Berlusconi), il quale, come noto, si è concluso in senso sfavorevole per l’interessato, nonostante che, anche in quel caso, la sanzione della decadenza dalla carica prevista dalla legge Severino sia stata applicata retroattivamente, con riferimento a fatti di reato realizzatisi ben prima dell’entrata in vigore della citata legge.

Vien fatto di chiedersi: perchè per Berlusconi la Giunta del Senato ha ritenuto possibile (ricordiamolo, con votazione a scrutinio palese, nonostante che si trattasse di delibera concernente una persona) applicare la legge Severino reatroattivamente, mentre per il Sindaco di Napoli De Magistris il TAR Campania ha sollevato apposita q.l.c., affermando nel contempo che detto Sindaco – nonostante la condanna, ancorchè non definitiva, riportata – resterà in carica fino alla pronuncia della Corte costituzionale (e cioè, prevedibilmente, per almeno un anno e mezzo, a meno che, altrettanto prevedibilmente, il Consiglio di Stato non annulli nel frattempo l’ordinanza cautelare del TAR Campania)?

La questione circa la possibilità o meno di applicare retroattivamente la legge Severino, coinvolgendo esponenti politici di primo piano (quali Berlusconi e De Magistris), nonchè tanti altri meno noti personaggi (talvolta anche dei semplici consiglieri comunali o provinciali) rischia di essere inquinata da considerazioni politiche, che finirebbero per essere fuorvianti. Certo è che il non aver previsto in detta legge una disciplina transitoria costituisce una grave lacuna che, se un legislatore maggiormente attento si fosse dato carico di colmare per tempo, ci avrebbe risparmiato tante tribolazioni.

Inoltre, se si esaminano alcuni precedenti meno clamorosi sotto il profilo mediatico (per ciò che concerne i personaggi coinvolti), ma ancor più clamorosi sotto il profilo fattuale (per gli effetti che sono stati attibuiti alle norme in questione), c’è da rimanere perplessi. Basti considerare a tal fine la fattispecie affrontata dal Consiglio di Stato, Sez. V, esattamente un anno addietro, con la sentenza 29 ottobre 2013: in quel caso la incandidabilità prevista dalla legge Severino è stata applicata con riferimento ad una condanna riportata dall’interessato ben 17 anni prima dell’entrata in vigore di detta legge; ed anche in quel caso il Consiglio di Stato, nonostante ciò, si è rifiutato di sollevare la questione di legittimità costituzionale o di applicare almeno la “Grundnorm” contenuta nell’art. 11 della Disposizioni preliminari al codice civile – cd. Preleggi, la quale, com’è a tutti noto, dispone che la legge dispone solo per l’avvenire.

Tutto, a ben vedere, ruota intorno all’applicazione di tale “Grundnorm”: se applicata letteralmente e pianamente, dovrebbe ritenersi che la legge Severino non possa applicarsi a fattispecie di reato realizzatesi prima della norma stessa; allo stesso risultato, ancor più rafforzato, si perviene applicando l’art. 25 Cost., il quale prevede il principio (ritenuto inderogabile dalla Corte) della irretroattività della legge penale; considerando infatti le sanzioni previste dalla legge Severino come delle sanzioni accessorie alla condanna penle, si dovrebbe concludere per la loro inapplicabilità in via retroattiva, quanto meno alle sentenze emesse prima dell’entrata in vigore della legge.

Com’è noto, le pronunce fin qui intervenute hanno superato quest’ultima obiezione, ritenendo che le sanzioni previste dalla legge Severino sono amministrative e non penali; di qui l’inapplicabilità dell’art. 25 cit.

Più complessa è invece la questione riguardante l’applicazione dell’art. 11 delle Preleggi: secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (v. per tutte di recente Corte cost., sentenza 5 aprile 2012 n. 78, in LexItalia.it, http://www.lexitalia.it/a/2012/2201 ed ivi ult. riferimenti) “il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nel nostro ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost. Pertanto, il legislatore – nel rispetto di tale previsione – può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)”.

Il problema è che non vi è alcuna norma della legge Severino che dichiara le sanzioni da essa previste aventi efficacia retroattiva. Può la efficacia retroattiva di una norma, in difetto di apposita previsione o della natura della norma (come ad es. nel caso di norma qualificata come interpretativa), essere ricavata in via esegetica, specie nel caso della legge Severino che, prevedendo cause di incandidabilità. di sospensione o di decadenza da cariche rappresentative, incide sul diritto di elettorato passivo e, in quanto tale, dovrebbe essere interpretata restrittivamente?

A tal fine sembra comunque doversi fare ricorso sempre all’insegnamento della Corte costituzionale (v. sempre la sentenza da ultimo citata) secondo cui, in ogni caso, “L’efficacia retroattiva delle leggi incontra dei limiti generali attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi: a) il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; b) la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; c) la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; d) il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario”.

C’è da chiedersi (ammesso per un attimo che ad una legge possa attribuirsi effetto reatroattivo in via interpretativa) se l’applicazione in via retroattiva della legge Severino rispetti comunque tali criteri generali.

E’ singolare notare come, nella specie, per uno strano scherzo del fato, i destini di due personaggi politici molto distanti tra loro (De Magistris e Berlusconi) siano tra di loro incrociati.

C’è comunque da sperare che il Giudice delle leggi non si faccia fuorviare dalle conseguenze politiche che deriverebbero da una sua pronuncia, ancorchè meramente interpretativa, che si aupica intervenga in tempi brevi per chiarire definitivamente la questione.

In tal senso è da valutare con favore la recente ordinanza del TAR Campania, la quale, piuttosto che trincerarsi dietro il comodo paravento di una  asserita retroattività decretata per sentenza, ha scelto di percorrere la via maestra, investendo finalmente della questione la Corte costituzionale.

Giovanni Virga, 31 ottobre 2014.

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Category: Diritto pubblico

Commenti (3)

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  1. Michele Casano ha detto:

    “Destini incrociati” quelli di De Magistris e Berlusconi, è vero Prof. Virga.

    Resta però il fatto che De Magistris è un condannato in I° grado di giudizio, come tale presunto non colpevole, e per imputazioni (se non erro, ed all’ingrosso: abuso d’ufficio non patrimoniale; violazione della normativa privacy in danno delle prerogative di alcuni parlamentari), nonché per vicenda (inchiesta penale nota e dibattuta, per le sue implicazioni politiche e mediatiche, poi avocatagli per via -diciamo – “gerarchica”) dai contorni quantomeno “incerti”.

    Berlusconi, viceversa, già presidente del Consiglio, è un condannato in via definitiva, per reato grave (frode fiscale milionaria).

    Ma il vero dramma, tutto e solo italiano, è che si debba aspettare ancora la Consulta (e/o la CEDU) per sapere se Berlusconi possa (debba?) sedere in Parlamento. E che la c.d. sanzione “reputazionale”, che si riflette poi, ed innanzitutto, nel precetto di cui all’art. 54 Cost. (“disciplina ed onore” richiesti a chi riveste cariche pubbliche), non basti più (se è mai bastata?).

    Della legittima, o meno, retroattività della L. Severino si può discutere, eccome. Il Consiglio di Stato – se l’avv.ra dello St. farà appello – probabilmente riformerà l’ordinanza cautelare del TAR Napoli, visto il fresco precedente. La Consulta dirà la sua, in punto di diritto, a tempo debito (anche se il suo Presidente p.t., stando a quanto dichiarato in pubblico, non sembra “impaziente” di ricevere questo fascicolo). Ma il “punto” – ripeto – non è questo.

    Perdoni lo scarso apporto giuridico del mio commento. Cordialmente.

  2. Francesco Piterà ha detto:

    Condivido le perplessità suscitate dall’applicazione della legge Severino per reati consumati prima della sua entrata in vigore.

    Le stesse perplessità ebbi all’indomani della legge 18.8.1992, cd. legge Scotti, allorché si trattò di dichiarare la decadenza di un consigliere comunale di Alessandria, Città nella quale all’epoca svolgevo le funzioni di Segretario Comunale.

    Ricordo che il Consiglio Comunale, invitato a pronunciare la decadenza,
    di fronte al mio parere sfavorevole all’applicazione retroattiva della norma, ebbe lo scrupolo di sentire tre giuristi di chiara fama (I Proff. Marcello Gallo, Giuseppe Pericu e Federico Sorrentino che espressero parere analogo al mio, seppure attraverso percorsi argomentativi diversi, e sulla scorta di essi rifiutò di pronunciare la decadenza.

    Il Tribunale di Alessandria respinse il ricorso del Prefetto e la Corte d’Appello di Torino sottopose la questione di costituzionalità al Giudice delle leggi, che, inopinatamente, decise che non si trattava di applicazione retroattiva della legge ma di normale operatività della stessa, da applicarsi dal momento della sua entrata in vigore.

    Non nascondo che allora ebbi il dubbio che, seppre incosciamente, fossi stato influenzato dai buoni rapporti di lavoro intrattenuti con quel consigliere sino a quando non lessi su Giurisprudenza Costituzionale una osservazione del Prof. Alessandro Pace a commento della sent. n. 118 del 1994 della Corte Costituzionale nella quale accusò la Corte di aver violato i principi della civiltà giuridica. Mi convinsi allora che il parere dato era stato obiettivo e tale convinzione ho mantenuto fino alla vicenda De Magistris; mi è dispiaciuto che il Prof. Pace, in occasione della vicenda Berlusconi, sembra aver cambiato opinione. In una sua recente dichiarazione ho visto citata quella sentenza della Corte ma non … ricordato il suo commento.

  3. Michele Casano ha detto:

    Adducere incommodum non est solvere argumentum, recita il noto aureo brocardo, certo.
    Ma considerando il carattere – per così dire emergenziale, essendosene fatto carico un Governo “tecnico” – e le specifiche ed espresse finalità della L.190/2012 (v. art. 1), attuative di varie Convenzioni internazionali in tema di lotta ai fenomeni corruttivi, anche privati, ed all’illegalità nella P.A., etc.), finalità peraltro connesse anche a contingenti esigenze economico-finanziarie, e latamente riconducibili (anche) alla declinazione normativa del precetto di cui all’art. 54, c. 2 Cost. … mi resta comunque una grossa perplessità.
    Se infatti la L. Severino dovesse davvero ritenersi (in rigorosa osservanza del principio di irretroattività, peraltro coniato nel campo del dir. penale/afflittivo) applicabile SOLO in relazione a condotte criminose verificatesi DOPO la sua entrata in vigore, essa avrebbe una efficacia ed una utilità – inutile negarlo – pari a zero.
    Esplicherebbe un qualche effetto solo a distanza di diversi anni.
    Ciò con buona pace di ogni principio di razionalità, ragionevolezza e proporzionalità della funzione legislativa (o se si preferisce, del “Legislatore”, Entità che si vuole sempre razionale, saggia ed illuminata …).
    E ciò al netto – beninteso – della vicenda Berlusconi.
    Il quale ex Cav. d’altronde (pur se decaduto dal Senato, privo dei diritti politici di elettorato attivo e passivo, ed interdetto dai pubblici uffici) è felicemente intento (come ci informano in modo diuturno i mass-media, senza la benché minima “obiezione” …) a scrivere – insieme ad un altro soggetto – Renzi – privo di relazione alcuna con il Parlamento Italiano – la nuova legge elettorale, insieme al nuovo assetto costituzionale di questa ns. curiosa Repubblica.
    Il che – penso – mal si presti a commenti, specie ab aexterno.
    Ed infatti, nessuno dice nulla.
    Ma perché dunque arrovellarsi tanto su questa retroattività/non reatroattività della L. Severino, o sull’art. 54 Cost.?
    Mai speculazione scientifico-giuridica è risultata così lontana dalla (e superata dalla) concreta prassi politico-costituzionale, o dalla vigente “Costituzione materiale del Nazareno”…estremo spregio a Gesù Cristo morto in croce.

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