Il ruolo del “Kingmaker” nel nostro ordinamento

di | 9 Settembre 2012 | Leggi

Nell’articolo con il quale il giornalista Maurizio Molinari ha riportato l’ultima intervista dell’ex ambasciatore americano Reginald Bartholomew prima della sua scomparsa (clicca qui per leggerlo), che ha sollevato un vespaio di polemiche per la parte concernente l’effettivo ruolo del Governo americano sul fenomeno denominato “Mani pulite” portato avanti negli anni ’90 da Borrelli, Di Pietro and co., si riferisce, tra l’altro, un gustoso episodio riguardante invece Berlusconi, che a mio avviso, va evidenziato per gli spunti che offre.

Racconta Bartholomew al riguardo quanto segue (trascrivo pedissequamente quanto si legge nell’articolo di Molinari), riferendosi a Berlusconi: «La prima volta che ci vedemmo lo aspettavo all’ambasciata da solo, ma si presentò assieme a Gianni Letta, voleva il mio imprimatur per la sua entrata in politica e gli risposi che toccava a lui decidere se essere “King” o “Kingmaker”», ma l’osservazione colse in contropiede Berlusconi, «che diede l’impressione di non sapere cosa significasse “Kingmaker” e dopo essersi consultato con Letta mi rispose “Kingmaker? Noooo”».

L’episodio riportato, oltre a confermare il provincialismo dei nostri uomini pubblici (i quali non sanno nemmeno quale sia la differenza tra il King ed il Kingmaker; Berlusconi, nella specie, ha avuto bisogno del fidato Letta per la spiegazione), conferma che Berlusconi voleva fare il “King” (nel nostro ordinamento, il Presidente del Consiglio) e c’è riuscito per circa vent’anni (con quali risultati, lascio giudicare i lettori).

In realtà negli ultimi tempi avrebbe aspirato anche, in cuor suo, a fare il “Kingmaker” (Presidente della Repubblica), ma credo che abbia ormai abbandonato tale proposito dato che, a tacer d’altro, dopo l’affare “bunga bunga” non ha i requisiti per ricoprire la carica e, soprattutto, si trova a capo di un partito ormai sfilacciato e non in grado di assumere comunque quel ruolo di arbitro al quale aspira ormai Casini (che non a caso mira chiaramente alla Presidenza della Repubblica); si è limitato quindi a fare il “Kingmaker” del suo partito (nominando suo successore Alfano), anche se ancora non si sa se scenderà in campo nella prossima campagna elettorale per l’ennesima volta.

In realtà il ruolo del Kingmaker nel nostro ordinamento non è affatto secondario, anche se l’ampiezza dei suoi apparentemente limitati poteri (scioglimento delle Camere, nomina del presidente del Consiglio, promulgazione delle leggi e, soprattutto, dei decreti legge) è dipesa in buona sostanza dalla personalità del personaggio che di volta in volta ha ricoperto la carica.

Ci sono stati Presidenti della Repubblica che hanno svolto un ruolo meramente notarile. Altri, specie negli ultimi tempi, approfittando della indeterminatezza dei poteri stessi, sono stati degli interventisti, che hanno finito per segnare significativamente l’andamento delle legislature.

L’attuale Presidente della Repubblica Napolitano è, come del resto il suo predecessore Scalfaro, senza dubbio da ascrivere a quest’ultima categoria, specie per ciò che ha fatto negli ultimi tempi.

Discutibile (anche se giustificata in parte dall’attuale emergenza economica) è in particolare la diversa sensibilità mostrata nei confronti dei decreti legge.

Mentre infatti durante il Governo Berlusconi l’attuale Capo dello Stato è intervenuto spesso e volentieri per negare (magari in via preventiva, addirittura nel corso del Consiglio dei ministri, com’è accaduto con il “caso Englaro”; v. l’articolo pubblicato allora in questo stesso weblog) la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza, durante l’impero dell’attuale Governo Monti (tipico esempio di Governo del Presidente) ha finito per firmare quasi esclusivamente decreti legge omnibus (e non monotematici, così come richiede il nostro Giudice delle leggi), senza che peraltro fossero evidenti i requisiti di necessità ed urgenza. E così, come già rilevato in precedenza, si è passati dalla “dittatura (limitata) della maggioranza” a quella (illimitata) della emergenza.

C’è da chiedersi se, nel quadro delle riforme costituzionali di cui, sia pure a fasi alterne, si parla da tempo, non vi sia anche la necessità di qualche norma che finisca per definire meglio i poteri dei nostri “Kingmaker”, al fine di evitare che i poteri del Capo dello Stato siano soggetti solo alla mutevole “sensibilità” di chi, di volta in volta, ricopre la carica.

Giovanni Virga, 9 settembre 2012.

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Category: Diritto pubblico

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